Sanità: il Decreto Lorenzin nega diritti alle aree interne

DM 70 e negazione del diritto alla salute

A livello di organizzazione sanitaria si fa un gran parlare di "abbandono" delle aree interne.

Partendo dal presupposto che l'assunto è vero e documentabile, la necessità è quella di individuare le cause di un fenomeno che, come vedremo, risulta essere indotto dalla politica nazionale.

In molti, ricordiamo la Legge Lorenzin ( governo Renzi a cavallo tra il 2014 e il 2017 ) solo ed esclusivamente per l'abnorme aumento delle vaccinazioni obbligatorie per minori, fino a 12, che tante polemiche hanno provocato.

Non dimentichiamo, tuttavia, che lo stesso ministro Lorenzin ha imposto una rimodulazione delle reti sanitarie regionali strutturate su parametri rigidi e severi.

La ratio della norma, in teoria, era quella di "normalizzare" la spesa sanitaria senza diminuire i servizi.

Nella applicazione concreta, tuttavia, la norma stessa, in sede di applicazione concreta ha avuto l'effetto di rendere invariata la spesa sanitaria diminuendo i servizi.

Ma vediamo, ora, quali sono i principi ispiratori del Decreto Ministeriale 70 del 2015 ( ministro Lorenzin ) e in che modo vanno ad incidere sulle aree montane e a rischio spopolamento.

Il principio generale del decreto è indicato all'articolo 1 comma 2 e corrisponde alla necessità " di ridurre la dotazione dei posti letto ospedalieri accreditati
ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale".

Viene indicato, al successivo comma 3 dell'articolo 1, anche il limite di dotazione che deve essere corrispondente a 3.7 posti letto ogni mille abitanti.

Il limite indicato posiziona l'Italia ad uno dei posti più bassi in Europa, in termini di servizio sanitario, poiché, come si evince dalla tabella allegata in calce a questo articolo, risulta essere 23esima, su 28 paesi europei presi in considerazione, per posti letto ogni 100.000 abitanti.

Il decreto Lorenzin, tuttavia, non si occupa solo del numero dei posti letto ma, anche e ulteriormente, del tasso di occupazione dei posti letto stessi ( al massimo il 90% ) e della durata massima della degenza ospedaliera ( "la durata media di degenza ospedaliera per i ricoveri ordinari deve essere inferiore a sette giorni" ).

Il welfare sanitario, insomma, viene modulato su una rigida massimizzazione dei guadagni e del contenimento della spesa in barba al diritto alla salute sacralizzato dall'articolo 32 della costituzione.

Come incide questa normativa sui territori a rischio spopolamento e a basso sviluppo economico?

Un altro corollario del DM 70 del 2015 precisa che "la rete ospedaliera regionale deve essere dimensionata secondo i rispettivi bacini di popolazione".

Non è dato rinvenire, pertanto, alcun principio di perequazione di servizi tra territori ( per cui si dovrebbero ipotizzare parità di servizi a prescindere dalla appetibilità territoriale ) ma, in modo brutale e neoliberista si modulano servizi sanitari direttamente proporzionali, in modo inderogabile, alla popolazione residente.

Lo spopolamento non viene considerato evento sul quale intervenire in modo positivo ma un limite oggettivo in ottica di erogazione di servizi che genera, all'infinito, povertà ed ulteriore spopolamento.

Ma qui non siamo solo di fronte ad un accadimento socio – economico che, come tale, potrebbe essere anche economicamente accettabile ma ci troviamo dinanzi ad una lesione di diritti ( diritto alla salute v. sopra ) che viene perpetrata a mezzo di un decreto.

La responsabilità diretta di questo strumento vergognosamente neoliberista è individuabile in quelle forze politiche che hanno votato e sostenuto, all'epoca, il ministro Lorenzin.

La responsabilità indiretta, invece, la vogliamo attribuire a tutti i governi successivi che, dopo aver preannunciato un "superamento" della Lorenzin, hanno proseguito il cammino sulla stessa falsariga



MEDIA POSTI LETTO IN EUROPA

Come vediamo, la media Italiana rispetta pienamente i dettami del decreto Lorenzin prevedendo una media di 314 posti letto ogni 100.000 abitanti e, quindi, meno di 3.7 posti ogni mille abitanti.

Tale risultato pone l'Italia al 23esimo posto su 28 paesi europei considerati.

In questo caso, non "ce lo chiede l'Europa" ma ce lo chiede l'Italia.


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