La meravigliosa lettera di Gramsci undicenne

15 luglio 1903

Antonio Gramsci visse la sua infanzia in una situazione di estrema miseria, una condizione aggravata dalle sue precarie condizioni di salute che lo costrinsero a posticipare l'inizio della carriera scolastica al compimento del settimo anno di età.

Di seguito, il tema di quinta elementare di Gramsci, rinvenuto da un ricercatore dell'università di Sassari, nella Sardegna in cui è nato e ha trascorso i primi anni di vita prima di trasferirsi a Torino.

Il prezioso documento data 15 luglio 1903.

La delicatezza, la fermezza e la maturità delle parole che seguono, sono più che mai lontane da questi nostri tempi, tanto da sembrare stridenti nel momento in cui rappresentano l'istruzione, oggi diritto quesito, come un privilegio prezioso ed irrinunciabile.

TITOLO: "Se un tuo compagno benestante e molto intelligente ti avesse espresso il proposito di abbandonare gli studi, che cosa gli risponderesti?"
"Carissimo amico,
Poco fa ricevetti la tua carissima lettera, e molto mi rallegra il sapere che tu stia bene di salute.
Un punto solo mi fa stupire di te; dici che non ripren­derai più gli studi, perché ti sono venuti a noia. Come, tu che sei tanto intelli­gente, che, grazie a Dio, non ti manca il necessario, tu vuoi abbandonare gli studi?
Dici a me di far lo stesso, perché è molto meglio scorrazzare per i campi, andare ai balli e ai pubblici ritrovi, anziché rinchiudersi per quattro ore al giorno in una camera, col maestro che ci predica sempre di studiare perché se no reste­remo zucconi. Ma io, caro amico, non potrò mai abbandonare gli studi che sono la mia unica speranza di vivere onoratamente quando sarò adulto, perché come sai, la mia famiglia non è ricca di beni di fortuna".

Quanti ragazzi poveri ti invidiano, loro che avrebbero voglia di studiare, ma a cui Dio non ha dato il necessario, non solo per studiare, ma molte volte, neanche per sfamarsi.
Io li vedo dalla mia finestra, con che occhi guardano i ragazzi che passano con la cartella a tracolla, loro che non possono andare che alla scuola serale. Tu dici che sei ricco, che non avrai bisogno degli studi per camparti, ma bada al proverbio "l'ozio è il padre dei vizi."
Chi non studia in gioventù se ne pentirà amaramente nella vecchiaia. Un rovescio di fortuna, una lite perduta, possono portare alla miseria il più ricco degli uomini. Ricordati del signor Fran­cesco; egli era figlio di una famiglia abbastanza ricca; passò una gioventù brillan­tissima, andava ai teatri, alle bische, e finì per rovinarsi completamente, ed ora fa lo scrivano presso un avvocato che gli da sessanta lire al mese, tanto per vivacchiare. Questi esempi dovrebbero bastare a farti dissuadere dal tuo proposito. Torna agli studi, caro Giovanni, e vi troverai tutti i beni possibili.
Non pigliarti a male se ti parlo col cuore alla mano, perché ti voglio bene, e uso dire tutto in faccia, e non adularti come molti.
Addio, saluta i tuoi genitori e ricevi un bacio dal Tuo aff.mo amico Antonio Gramsci".

Area Sovranista - Montorio al Vomano - TE
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