Abruzzo: come la denatalità si lega alla crisi delle aree interne

Mancanza di servizi e disincentivo alla natalità

Il peso della denatalità, a livello socio – economico, grava sul sistema Italia in virtù di un trend negativo che si è ulteriormente consolidato nel corso del 2022.

Secondo i dati Istat presentati il 7 luglio scorso ( Rapporto annuale 2023 ISTAT ), i record 2022 sono quelli relativi a numero minimo di nascite ( per la prima volta dall'Unità d'Italia sotto quota 400.000 ) e picco storico di ultracentenari conteggiati nell'orbita delle 22.000 unità ( PER APPROFONDIRE - Rapporto annuale ISTAT ).

L'età media della popolazione, dunque, aumenta passando dai 45,7 anni del 2020 ai 46,4 del 2023.

In Abruzzo qual è la situazione, in tal senso?

Un interessante studio dell'istituto Openpolis del 3 luglio 2023, dedicato alle questioni demografiche della nostra regione, apre proprio sottolineando come "in Abruzzo il fenomeno della denatalità sia più marcato che nel resto del paese" ( PER APPROFONDIRE - STUDIO OPEN POLIS ).

Il fenomeno della denatalità è iniziato storicamente prima che altrove nella nostra regione regione, sia in confronto alla media nazionale, che rispetto al resto dell'Italia centro-meridionale. All'inizio del XXI secolo, mentre il tasso di natalità italiano superava le 9 nascite ogni mille abitanti e quello del sud era sopra quota 10, l'Abruzzo si attestava a 8,4 nuovi nati per 1.000 residenti.

Oggi ( dato 2021 ) le nascite per migliaio di abitanti si attestano alla media di 6,3 rispetto alla media nazionale di 6,7.

Tutte le province abruzzesi, senza eccezioni, hanno visto un calo della natalità dal 2002 ad oggi. Tuttavia, nel 2021 si registra una forbice che va dai 7 nuovi nati ogni 1.000 abitanti del pescarese ai 6 dell'area aquilana. In mezzo, le province di Teramo (6,6) e Chieti (6,4).

L'Abruzzo, con le sue estese aree interne, appare un territorio fortemente soggetto a fenomeni come l'invecchiamento della popolazione e la denatalità, con conseguente spopolamento. Ed è proprio nei comuni più periferici della regione che queste tendenze emergono con maggiore evidenza.

E' interessante rilevare, analizzando sempre i dati ISTAT, come il numero di nascite si differenzi sulla base della distanza del territorio rilevato rispetto ai servizi essenziali.

Notoriamente vengono definite "aree interne" quelle zone del paese più distanti dai servizi essenziali quali istruzione, mobilità e servizi alla salute.

Sono i comuni più distanti dalle aree più urbanizzate a risentire della tendenza alla denatalità.

Nel 2020, il tasso mediano ha rilevato 6 nati ogni mille abitanti nei comuni polo e in quelli di cintura della nostra regione, ovvero le città principali, baricentriche in termini di servizi, e i loro hinterland.

Vediamo, invece, il dato delle aree interne.

Nei comuni intermedi, collocati ad almeno 27,7 minuti di distanza dalla città polo più vicina, il tasso di natalità mediano scende a circa 5 nuovi nati ogni 1.000 residenti. In quelli periferici e ultraperiferici, distanti oltre 40 minuti, cala rispettivamente a 4,3 e 4,1 nascite per mille abitanti.

Veniamo, tuttavia, al dunque di questo ragionamento.

Lo stato di "sviluppo prossimo allo zero" di molti territori interni della nostra regione, caratterizzato da perdita costante e progressiva di lavoro e servizi, rappresenta non solo la causa principale dello spopolamento ma, anche e sopratutto, un disincentivo evidente alla natalità.

Tra le motivazioni principali che ostacolano la natalità, secondo l'istituto Ipsos, vi sono stipendi bassi, assenza o precarizzazione del lavoro, mancanza di sostegni pubblici per i costi da affrontare per crescere i figli, dalla mancanza di servizi diffusi e accessibili a tutti ( PER APPROFONDIRE - STUDIO IPSOS ).

Almeno due di questi elementi, assenza o precarizzazione del lavoro e mancanza di servizi diffusi e accessibili, caratterizzano in modo particolare le aree interne ben più dei territori polo e capoluogo.

Risulta evidente, pertanto, che una campagna efficace di politiche sulla denatalità ( che tanto piace a questo governo ) può e deve sostenere un serio rilancio strutturale delle aree interne che sia di sostanza e non di bandiera.

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