Il fallimento del dissenso
Una sconfitta annunciata dai partiti
Non è facile, per chi guarda le cose da una prospettiva diversa, procedere ad analizzare un voto di estremo conformismo politico come quello del 25 settembre.
Partendo dal presupposto doveroso che poco cambierà, tra destra e sinistra, in ambito di alleanze strategiche internazionali e rispetto dei vincoli sovraordinati ( europei ), qualcosa potrebbe mutare in tema di allocazione delle poche risorse residuali di bilancio con tentativo, da parte della destra, di dar vita finalmente a politiche economiche espansive.
Resta fermo, tuttavia, quale fatto incontrovertibile, che i grandi assets strategici, dai mezzi di comunicazione alla giustizia, ai grandi poli industriali ed energetici rimangono in mano al globalismo e che il centrodestra dovrà, inevitabilmente, scendere a compromessi con i globalisti stessi e con i padroni di Bruxelles.
A Noi, tuttavia, oggi, interessa analizzare il fallimento annunciato dell'area del dissenso, unico potenziale contraltare del pensiero unico dominante.
L'area "sovranista" è stata impallinata da cortocircuiti interni.
In primo luogo, la fronda nichilista, protagonista dell'astensione, che piuttosto che andare a votare preferisce lamentarsi dal divano di casa e ribadire come un mantra che "tanto sono tutti uguali" .... e uguali rimarranno se non alzate il culo ( ndr. ).
L'arroganza di "Italexit per l'Italia" che già certa, dal luglio scorso, di superare lo sbarramento del 3%, ha preferito chiudere le porte a qualsiasi ipotesi di fronte unitario ( risultato finale 1.94% ), salvo inglobare inspiegabilmente e di sana pianta, nelle liste, rappresentanti dell'estrema destra nostalgica.
Infine, una certa aura
complottista e apocalittica che, ancora oggi, accompagna il
fronte del dissenso e da cui il dissenso stesso dovrebbe sdoganarsi
al fine di risultare finalmente credibile e intavolare proposte programmatiche serie.
Si ipotizzava una base elettorale, per le sei liste fuori sistema, di almeno un 10% complessivo.
Ci si risveglia nella certezza che, con il passare dei mesi, questa massa critica si è assottigliata, ha dimenticato le storture costituzionali della stagione pandemica e le derivanti restrizioni e si è riallineata alla narrazione dominante.
E' evidente che il futuro del sovranismo non può prescindere dalla ricerca di unità e condivisione di intenti e dallo sforzo di produrre gli anticorpi necessari alla delegittimazione sistematica di leader ambiziosi e fameliche oligarchie di partito.
Noi, dal canto nostro, ci
abbiamo provato a far respirare all'unisono la massa critica sia in
ambito di raccolta delle firme che in sede di campagna elettorale, a mezzo di eventi unitari.
Ci abbiamo provato al fine di tracciare una strada diversa, nell'entusiasmo generalizzato della base, ben consapevoli tuttavia che il danno era già stato prodotto settimane prima.
Continueremo a provarci tenendo a mente le parole del filosofo russo Aleksandr Dugin: "l'opposizione al sistema neoliberista è, oggi più che mai, un dovere esistenziale"